sabato 7 aprile 2012

Ordinanza riguardo il diritto al nome e all'identità personale

Il Tribunale di Milano ha stabilito che abbiamo il diritto d'impedire che il nostro nome "Partito Pirata" sia usato da altri per danneggiare la nostra associazione ed i valori del Partito Pirata. Non siamo certo entusiasti della soluzione che siamo stati costretti ad adottare ma purtroppo la nostra strada deve essere pulita e trasparente, non ci devono essere fraintendimenti e situazioni che tendano solo a sfruttare una situazione che potrebbe dare qualche vantaggio in termini di visibilità a qualcuno che si fregia inopinatamente del nostro nome senza condividerne i contenuti, le aspettative e gli obiettivi che ci prefiggiamo. Avremmo preferito trovare altre soluzioni, ma di fronte all'impossibilità di stabilire un dialogo, siamo stati costretti a richiedere l'intervento della Magistratura per fare chiarezza e difendere i nostri valori. L'ordinanza che chiarisce la situazione stabilisce:

RG N. 72111/2011

TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE E INTELLETTUALE

Il giudice designato, dott. Pierluigi Perrotti, nel procedimento cautelare recante il numero di ruolo sopra indicato, promosso da
ASSOCIAZIONE PARTITO PIRATA, con l’avv. Marco Ciurcina
  • RICORRENTE -
    CONTRO
    ASSOCIAZIONE PARTITO PIRATA e MARCO MANUEL MARSILI, con gli avv.ti Davide Co-lombo e Francesca Caricato
  • RESISTENTI -
    ha pronunciato la seguente
    ORDINANZA
    Con ricorso depositato in data 29.11.2011 Partito Pirata esponeva di essere un’associazione non riconosciuta costituita il 16.9.2006 e statutariamente impegnata, tra l’altro, nell’attività di studio e di modifica delle leggi inerenti la cultura, il diritto d’autore e la privacy. Sin dalla sua istituzione utilizzava come proprio segno grafico una vela gonfia verso destra inserita in un cerchio, come di seguito raffigurata.
    In data 24.10.2011 aveva appreso dell’esistenza della omonima associazione Partito Pirata (di seguito Pirateparty), operante anche attraverso il sito internet www.pirateparty.it, registrato da Marco Manuel Marsili il 17.10.2011. Pirateparty utilizzava un segno identico a quello della vela spiegata a destra inserita in un cerchio, unitamente al simbolo tradizionale dei pirati ov-vero il c.d. jolly roger. Si era ingenerata confusione su quale fosse il “vero” Partito Pirata ed invocava quindi la tutela della propria identità e, in particolare, del diritto al nome, ai sensi dell’art. 7 cc. L’esigenza della tutela cautelare derivava anche dal fatto che Pirateparty aveva sostenuto e sosteneva posizione ideologiche antitetiche a quelle del Partito Pirata sul tema di libertà della rete internet, sul diritto d’autore, ecc..
    Concludeva chiedendo l’inibitoria di qualsiasi uso del nome Partito Pirata, anche in lingua straniera, anche come nome di dominio, e del proprio segno grafico, con la fissazione di una penale adeguata e la pubblicazione del provvedimento.
    Pirateparty e Marsili si costituivano con memoria difensiva depositata il 20.2.2012.
    Evidenziavano che l’associazione non riconosciuta Pirateparty era stata costituita il 7.10.2011. Eccepivano l’incompetenza per materia della Sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale, trattandosi di controversia devoluta alla cognizione del Tribunale ordinario. Negavano ogni attitudine identificativa e distintiva della denominazione Partito Pirata vista la sua genericità. Peraltro Pirateparty si presentava al pubblico sempre con la denominazione anglosassone e con la bandiera dei pirati. Infine la ricorrente era un’associazione culturale, non operante alla stregua di soggetto politico, viste le sue più limi-tate finalità statutarie.
    Sentite le parti all’udienza del 29.2.2012 il Tribunale si riservava la decisione.
    Seguendo l’ordine logico delle questioni poste all’attenzione del Tribunale, occorre in pri-mo luogo esaminare la questione di incompetenza per materia sollevata dai resistenti.
    L’eccezione è infondata e come tale deve essere respinta.
    Secondo il costante insegnamento della Suprema Corte (cfr., tra le altre, Cass. 11 luglio 2003, n. 10966) la soluzione delle questioni in tema di competenza deve essere effettuata in base al-la prospettazione del ricorrente, con il solo limite rappresentato da eventuali allegazioni di ca-rattere puramente strumentale e inserite nelle difese al solo scopo di eludere la devoluzione della controversia al giudice naturale precostituito per legge.
    Nel caso di specie le domande della ricorrente comprendono, tra l’altro, anche richieste e-spressamente svolte ai sensi dell’art. 131 cpi e includono precisi riferimenti all’impiego di un segno grafico come possibile marchio o segno distintivo da parte dei resistenti.
    Sussiste quindi la competenza per materia di questa Sezione specializzata, estesa per evidenti ragioni di connessione anche alle ulteriori domande della ricorrente.
    Passando al merito, allo stato attuale degli atti è verosimile che la ricorrente stia subendo una indebita utilizzazione del proprio nome e, più in generale, una lesione della propria identi-tà personale. Sul punto si osserva quanto segue.
    Le risultanze degli atti dimostrano che entrambe le associazioni svolgono in concreto attività propriamente politica.
    La ricorrente ha allegato una nutrita rassegna stampa in ordine alla costante campagna di opi-nioni svolta dal Partito, sin dalla sua originaria costituzione nel 2006, sul tema specifico delle liberta sulla rete internet e sulla esigenza di un ripensamento radicale della disciplina del dirit-to d’autore, ritenendo questi aspetti del tutto prioritari nell’attuale contesto storico – sociale. Si tratta di un percorso ideologico comune a numerose altre analoghe formazioni di altri paesi europei, peraltro tra loro collegate, che in taluni casi hanno anche conseguito risultati molto significativi in termini di consenso elettorale, come attesta la nota vicenda delle recenti ele-zioni europee in Svezia.
    Questi rilievi sono sufficienti ad escludere un attivismo del Partito Pirata limitato al solo am-bito della promozione culturale.
    L’identità della denominazione è del tutto evidente e sussiste una oggettiva rassomiglianza anche con riferimento alla dicitura in lingua inglese, come dimostra la evidente assonanza les-sicale tra i termini pirate e pirata.
    È inoltre pacifico, come sottolineato da tutte le parti in causa, che esista una sorta di rete e di coordinamento internazionale tra i partiti e/o i movimenti che, nei vari paesi del mondo, uti-lizzano la stessa denominazione Partito Pirata tradotta nelle lingue corrispondenti.
    Questa dimensione sovranazionale costituisce quindi un preciso connotato dell’attività delle due associazioni in causa. È quindi verosimile che anche l’impiego della traduzione inglese – nelle sue due forme Pirateparty o Pirate Party – assuma per il Partito Pirata un carattere e-gualmente lesivo del proprio nome.
    È espressamente riconosciuto dai resistenti che l’associazione Pirateparty sia stata costituita nel 2011, ovvero cinque anni dopo la ricorrente.
    Da ultimo occorre anche sottolineare che Pirateparty ha pubblicamente espresso posizioni sui temi specifici del copyright e della libertà in rete opposte ed inconciliabili con le idee guida dell’azione politica del Partito Pirata. Da qui il rischio obiettivo di un pregiudizio per la ricor-rente, derivante dalla possibile confusione presso l’opinione pubblica sulla identità del sogget-to e sulla corretta identificazione della sua piattaforma programmatica e del suo più autentico connotato ideologico.
    La pacifica attribuzione del nome Partito Pirata alla ricorrente in epoca ampiamente preceden-te, la sostanziale coincidenza dell’ambito di operatività nella sfera politica delle due associa-zioni ed il rischio di pregiudizio sopra indicato sembrano integrare gli estremi delle violazioni lamentate dalla ricorrente.
    Analoga valutazione deve essere estesa anche per l’utilizzo del simbolo della vela, riprodotto in modo perfettamente identico dai resistenti, da solo o all’interno della bandiera dei pirati. Il simbolo in questione assume valenza sia quale componente della identità culturale e politica del Partito Pirata sia come segno atipico suscettibile di impiego in campo economico ed in particolare per la vendita presso i sostenitori del materiale promozionale tradizionalmente ab-binato all’attività politica (ad es. bandiere, magliette, spille, ecc.). Peraltro Pirateparty ha dato espressamente atto di avere già realizzato prodotti di questo tipo, tutti corredati del logo in contestazione.
    Quanto al periculum in mora, si deve evidenziare che la possibile confusione derivante dalla omonimia e dalla riproduzione del segno grafico è ancora attuale e può determinare un pre-giudizio che è estremamente arduo quantificare e di altrettanto difficile riparazione.
    Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto con conseguente inibitoria ai resistenti di ogni ulteriore utilizzo dei nomi Partito Pirata, Pirateparty e/o Pirate Party, anche come nome di dominio internet e di ogni impiego del segno grafico della vela rigonfia verso destra inserita in un cerchio, come sopra raffigurata.
    Quanto alla pubblicazione del provvedimento, la dimensione della vicenda non sembra tale da giustificare – allo stato – l’adozione in via urgente della misura richiesta.
    Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
    PQM
    il giudice designato, provvedendo in via cautelare e d’urgenza, ogni altra istanza ed eccezione disattesa:
  • ordina all’associazione non riconosciuta Partito Pirata – Pirateparty.it, con sede in Mila-no – via Volterra 9, e a Marco Manuel Marsili la cessazione dell’uso in ogni forma e contesto dei nomi Partito Pirata, Pirateparty e/o Pirate Party, anche come nome di dominio internet;
  • inibisce all’associazione non riconosciuta Partito Pirata – Pirateparty.it, con sede in Mi-lano – via Volterra 9, e a Marco Manuel Marsili qualsiasi ulteriore utilizzo del segno grafico della vela rigonfia verso destra inserita in un cerchio, come riprodotta nella parte motiva;
  • fissa in € 500,00 la penale dovuta dai resistenti per ogni violazione eventualmente con-statata dopo la decorrenza del termine di quindici giorni dalla notificazione del presente provvedimento ed in € 200,00 la penale dovuta dai resistenti per ogni giorno di ritardo nella sua esecuzione dopo la decorrenza del termine di quindici giorni dalla notificazio-ne del presente provvedimento;
  • condanna Partito Pirata – Pirateparty.it, con sede in Milano – via Volterra 9, e Marco Manuel Marsili, in solido tra loro, a rifondere le spese di lite, liquidate in complessivi € 4.500,00, di cui € 4.000,00 per diritti e onorari ed € 500,00 per rimborso forfettario delle spese generali, oltre Iva e Cp se e per quanto dovuti, a favore del ricorrente.
    Si comunichi.
    Milano, 30 marzo 2012.
    Il giudice designato
    (dott. Pierluigi Perrotti)
    Un grazie pubblico al nostro Pirata Marco avv. Ciurcina che ha istruito e seguito la pratica con particolare interesse.
    I Pirati del Partito Pirata Italia